Interview with Claudia Lecci (IT)

Interview with Claudia Lecci

Claudia LecciClaudia Lecci ha conseguito la laurea specialistica in “Traduzione settoriale e per l’editoria” presso l’ex Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori (ora Dipartimento di Interpretazione e Traduzione- DIT). Coordina i corsi di laurea magistrale “Tecnologie e Metodi per la Traduzione”, “Tecnologie e Metodi per l’Interpretazione” e “Traduzione in italiano dall’inglese (assistita)”. Inoltre segue le attività del Laboratorio di Terminologia e Traduzione Assistita. In qualità di trainer certificata SDL Trados eroga workshop di formazione su SDL Trados Studio ed SDL MultiTerm.

  1. Lei è docente presso il Dipatimento di Interpretazione e Traduzione della Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione (ex SSLMIT), campus di Forlì. Ci parli del Suo lavoro e delle attività di cui si occupa.

Gli insegnamenti che coordino presso il Dipartimento di Interpretazione e Traduzione sono tre: un corso di Tecnologie e Metodi per la Traduzione nel corso di laurea magistrale in Traduzione Specializzata, un corso di Tecnologie e Metodi per l’Interpretazione nel corso di laurea magistrale in Interpretazione e un corso di Traduzione in italiano dall’inglese (assistita) nel corso di laurea triennale in Mediazione Linguistica Interculturale.

Inoltre, seguo alcune delle attività del Laboratorio di Terminologia e Traduzione Assistita, tra cui la gestione dei tirocini curriculari e formativi degli studenti; i rapporti con enti locali, organizzazioni internazionali e con la Direzione Generale della Traduzione dell’Unione Europea, l’erogazione di workshop di formazione su SDL Trados Studio (in qualità di trainer certificata SDL Trados).

  1. Perché è stato attivato un corso di terminologia rivolto specificatamente agli studenti di interpretazione?

L’esigenza di attivare un corso di terminologia rivolto specificatamente agli studenti di interpretazione nasce dalla differenza sostanziale tra la professione dell’interprete e quella del traduttore e dalle diverse esigenze terminologiche degli uni rispetto agli altri, dovute alla natura stessa del discorso orale che richiede modalità e tempi di preparazione e consultazione delle risorse terminologiche differenti.

Lo studio e l’uso della terminologia da parte di un interprete si articolano infatti in due fasi:

  • quella della preparazione, che avviene nel periodo (più o meno lungo) che precede la conferenza e che consiste nell’analisi dettagliata del dominio di indagine, nell’estrazione della terminologia, nell’individuazione delle relazioni che intercorrono tra i termini e nella catalogazione degli stessi in risorse terminologiche, prima in lingua 1 e poi in lingua 2
  • quella della fruizione, che avviene direttamente in cabina, e che richiede immediatezza e velocità di consultazione delle risorse precedentemente create.

Inoltre, l’interprete deve anche conoscere la cosiddetta “terminologia di genere”, e cioè i fenomeni linguistici che appartengono alla lingua comune e che possono comparire in qualsiasi genere testuale dell’oralità in modo indipendente dal tipo di contenuto specialistico. L’interprete deve acquisire questa terminologia ed essere capace di gestirla in lingua 1 e in lingua 2 in modo automatico, per poter concentrare tutti i suoi sforzi nell’individuazione della terminologia del dominio specialistico. La “terminologia di genere” è nata nel 2011 presso la ex SSLMIT di Forlì da uno studio di un gruppo di docenti ed è diventata parte integrante del modulo di Terminologia per Interpreti (parte dell’ex corso di Metodi e Tecnologie per l’Interpretazione, dopo i dettagli). Da qui la necessità di differenziare l’offerta didattica per andare incontro alle esigenze di formazione del futuro interprete professionista.

  1. Com’è strutturato il corso?

Fino allo scorso anno accademico, gli studenti hanno frequentato un corso integrato costituito da due moduli di 40 ore ciascuno, uno nel primo semestre e uno nel secondo semestre del primo anno.

Nel primo semestre si teneva il modulo di “Terminologia per Interpreti”, all’interno del quale veniva approfondito il concetto di “terminologia di genere” e venivano forniti agli studenti gli strumenti per la sua estrazione in più lingue di lavoro. A seguire la terminologia di dominio, con una parte di documentazione su un dato dominio specialistico che prevedeva la ricerca online e la creazione di corpora, e una parte che prevedeva l’estrazione, la sistematizzazione e la catalogazione di terminologia in lingua 1 e in lingua 2, con l’ausilio di strumenti open-source o commerciali dedicati.

Nel secondo semestre invece si teneva il modulo di “Tecnologie per l’Interpretazione”. Argomento centrale l’introduzione e l’uso da parte degli studenti di un software di riconoscimento vocale funzionale alla produzione di sottotitoli in tempo reale (prevalentemente per non udenti), tecnica che richiede molte delle competenze di un interprete, in quanto basata sul respeaking intra ed interlinguistico. Inoltre, nell’ambito di questo modulo venivano introdotte anche l’audiodescrizione e la video-interpretazione da remoto.

Da quest’anno accademico, il corso integrato è stato suddiviso in due corsi singoli annuali, Tecnologie e Metodi per l’Interpretazione 1 e Tecnologie e Metodi per l’Interpretazione 2, che si terranno rispettivamente nel primo e nel secondo anno di corso.

Questa scelta è stata dettata da una serie di motivazioni, tra le quali il fatto che gli studenti avevano manifestato negli anni precedenti l’esigenza di “fare terminologia” anche nel corso del secondo anno, per poter sviluppare al meglio le loro conoscenze e competenze terminologiche e per integrarle il più possibile con i loro corsi di interpretazione.

In questo modo sarà possibile dosare al meglio gli input forniti agli studenti ed intervallare documentazione e terminologia con “pillole” di tecnologia, tra cui i sopra citati riconoscimento vocale per la produzione di sottotitoli in tempo reale, audiodescrizione e video-interpretazione da remoto con l’aggiunta dell’interpretazione telefonica, che sta diventando sempre più una realtà nel mondo dell’interpretazione.

  1. Secondo Lei l’uso di risorse terminologiche migliora il lavoro degli interpreti? Come?

A mio parere una buona interpretazione non può prescindere da un uso corretto della terminologia, elemento che costituisce uno dei criteri di valutazione fondamentali della qualità della prestazione di un interprete. Usare un equivalente interlinguistico corretto e adeguato alla situazione comunicativa fa sì che il destinatario dell’interpretazione possa aver accesso alle informazioni in modo preciso e che la sua comprensione del discorso dell’oratore sia completa e pertinente.

Un interprete adeguatamente preparato e padrone della terminologia specialistica, quindi in possesso di risorse terminologiche complete e coerenti, è in grado di fornire senza sforzi una prestazione di alto livello senza ricorrere a “espedienti interpretativi” che abbasserebbero la qualità del servizio.

  1. Quali sono gli strumenti tecnologici a disposizione degli interpreti?

L’interprete che vuole documentarsi su un determinato dominio ed estrarre terminologia specialistica ha a disposizione varie possibilità. Può ad esempio creare dei corpora dal web in modo semi-automatico con lo strumento open-source BootCaT, sviluppato presso la nostra ex SSLMIT, e poi estrarre la terminologia attraverso un concordancer, ad esempio AntConc. I termini estratti possono essere poi catalogati in varie modalità:

  • sotto forma di glossari (in formato Excel, Word, ecc), consultabili in cabina tramite lo strumento Interplex;
  • sotto forma di database terminologici, che consentono di creare schede terminologiche contenenti dei campi (contesti, definizioni, sistemi concettuali, ecc) utili nella fase di preparazione dell’interprete, cioè quella dello studio del dominio.

Uno strumento che riunisce tutte queste funzioni è InterpretBank, software sviluppato da Claudio Fantinuoli presso l’università di Mainz e creato appositamente per interpreti di conferenza. Con InterpretBank è possibile creare glossari (è prevista anche qui la possibilità di inserire dei campi), memorizzarli e poi consultarli in cabina tramite una apposita modalità, la Conference Mode. Inoltre, integrandolo con la suite TranslatorBank, è possibile anche creare corpora specialistici dai quali estrarre la terminologia che in seguito verrà inserita nei glossari.

  1. Nel Suo lavoro utilizza le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea, come ad esempio la banca dati terminologica IATE?

Le risorse linguistiche messe a disposizione dall’Unione Europea sono molto importanti per gli studenti in interpretazione, in quanto forniscono un supporto ricco ed attendibile al quale possono attingere per cercare soluzioni ai loro dubbi linguistici nella fase di approfondimento terminologico che avviene in preparazione ad una conferenza.

La presentazione delle risorse linguistiche UE disponibili su Internet è argomento di una delle prime lezioni del corso di tecnologie rivolto agli interpreti (ma anche di quello rivolto a traduttori o mediatori linguistici), in quanto apre loro una finestra sulla ricerca di risorse linguistiche su siti istituzionali.

Oltre alla banca dati terminologica IATE, vengono anche presentate le numerose risorse terminologiche messe a disposizione dalla rete REI (glossari tematici, lessici, dizionari, ecc;) ed Eur-Lex che, con la sua ricerca multilingue, costituisce sempre un validissimo supporto.

  1. Perché ha deciso di occuparsi di terminologia?

Il mio interesse verso la terminologia si è sviluppato nel corso del mio quinquennio di studi presso la ex SSLMIT, quando sono venuta a contatto con il mondo della mediazione linguistica prima e della traduzione in modo più approfondito poi. Gli anni di studio ed i tirocini svolti presso agenzie di traduzione, enti e aziende locali mi hanno aiutata a prendere coscienza di quanto fosse importante la terminologia nel mondo della comunicazione intralinguistica e interlinguistica (sia scritta che orale) e mi hanno appassionata al punto tale da decidere di approfondire la disciplina anche dopo la laurea, collaborando fin da subito con il Laboratorio di Terminologia e Traduzione Assistita, allora gestito dal professor Franco Bertaccini, e continuando negli anni a seguirne le attività.

  1. Secondo Lei la terminologia è considerata una vera e propria disciplina?

Sì, la terminologia come disciplina si sviluppa già nella seconda metà del XX secolo, quando Eugen Wüster, ingegnere austriaco appassionato di linguistica, iniziò ad occuparsi di termini come elementi del lessico univoci e privi di ambiguità che avrebbero dovuto garantire una comunicazione efficace.

Nel corso degli anni, la terminologia è andata sempre più consolidandosi ed affermandosi come disciplina che si occupa dello studio dei termini, cioè delle unità lessicali che consentono il trasferimento della conoscenza specialistica in una o più lingue.

  1. Si fa ricerca accademica nell’ambito della terminologia?

La terminologia è stata ed è oggetto di ricerca accademica sia in Italia che all’estero fin dalla sua “nascita” come disciplina scientifica. I grandi Gambier, Gaudin e Sager hanno scritto di terminologia fin dagli esordi e oggi molti sono gli accademici che fanno ricerca nel settore. Per citarne solo alcuni, Maria Teresa Cabré, fondatrice dell’Istituto Universitario di Linguistica Applicata dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona (IULA), Gherard Budin, dell’Università di Vienna, Maria Teresa Zanola, presidente della Rete Panlatina di Terminologia (REALITER) e dell’Associazione Italiana per la Terminologia (Ass.I.Term), Franco Bertaccini, fondatore del Laboratorio di Terminologia e Traduzione Assistita del Dipartimento di Interpretazione e Traduzione dell’Università di Bologna, campus di Forlì, Donatella Pulitano, dell’Università di Ginevra, e molti altri.

  1. Quali sono i cambiamenti che ha osservato negli ultimi anni riguardo all’uso della terminologia? Quali tendenze prevede per il futuro?

Con il consolidarsi di discipline affini, quali la traduzione assistita e la traduzione automatica, la terminologia, e ancor di più la terminografia, ossia la raccolta sistematica dei termini che costituiscono i linguaggi specialistici, stanno sempre più diventando parte integrante del flusso di lavoro del traduttore professionista, che crea e gestisce banche dati terminologiche per integrarle in strumenti CAT o TA.

Allo stesso modo, l’interprete professionista fa terminologia e terminografia non solo per crearsi il proprio bagaglio di risorse terminologiche utili all’interpretazione in fase di preparazione e poi in cabina, ma anche per integrarla con le altre attività affini che svolge. Si pensi ad esempio al sopra citato respeaking e riconoscimento vocale per la produzione di sottotitoli in tempo reale, che avviene attraverso Dragon Naturally Speaking, uno strumento che consente di ampliare il suo vocabolario attraverso l’inserimento di corpora specialistici o di liste di termini precedentemente selezionati, in base all’argomento trattato.

A mio avviso, quindi, la tendenza per il futuro sarà sempre più quella dell’integrazione della terminologia con discipline affini


Intervistatore: Antonella Nardella

AntonellaFiglia di genitori italiani, Antonella è nata e cresciuta a Francoforte sul Meno in Germania in un ambiente bilingue. È laureata in Mediazione Linguistica Interculturale presso la Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione (ex SSLMIT) di Forlì. Ha studiato come studentessa Erasmus nel Regno Unito presso l’University College London e in Germania alla Ruprecht-Karls-Universität di Heidelberg. È iscritta al corso di laurea magistrale in Interpretazione presso la Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione di Forlì e sta scrivendo la sua tesi in terminologia nel dominio asilo e diritto di asilo. Al momento sta svolgendo una visita di studio presso l’Unità coordinamento della Terminologia della Direzione generale per la Traduzione del Parlamento Europeo a Lussemburgo per svolgere ricerche per la tesi. Oltre ad essere appassionata di terminologia Antonella ama viaggiare e scoprire nuove lingue e culture.